Secondo il modello cognitivo della disposofobia aspetti di deficit in alcune funzioni fondamentali dei processi di trattamento dell’informazione contribuiscono in modo sostanziale al disturbo. E’ facile capirne il razionale. Quando si tratta di gestire la grande quantità di oggetti che l’attuale società ci propone tutte queste abilità sono fondamentali. Pensiamo a cosa facciamo quando mettiamo in ordine quella pila di carte accumulatesi nell’ultimo mese sulla nostra scrivania. Di solito, anche se non esplicitamente, abbiamo un piano su come farlo, abbiamo uno schema più o meno automatico su come classificare le cose e ristabilire l’ordine. Individuiamo una serie di passi necessari per completare il compito, creiamo differenti categorie per ordinare le carte o le assegniamo a categorie già esistenti (documenti, bollette, pubblicità, ecc.), cerchiamo di mantenere un’attenzione continuativa e di gestire gli impulsi che ci distrarrebbero da questo noioso compito, ed infine utilizziamo pesantemente le nostre abilità decisionali considerando alternative, pesandole, e facendo delle scelte su cosa tenere e cosa eliminare. Gli accumulatori sembrano essere carenti in una qualche misura su alcune di queste capacità. Proprio a questo proposito uno studio di Grisham et al. apparso su Behaviour & Research Therapy del 2010 (Categorization and Cognitive Deficits in Compulsive Hoarding) ha cercato di valutare se pazienti con disposofobia manifestassero dei significativi deficit in tali funzioni.
Nello specifico il campione di 60 soggetti comprendeva tre gruppi: il primo con diagnosi di disposofobia, il secondo con diagnosi su disturbi dell’umore o d’ansia mentre il terzo era di controllo (soggetti sani). Il metodo prevedeva che tutti i partecipanti completassero alcuni test neuropsicologici, quattro compiti di categorizzazione e rispondessero ad un questionario di misura delle difficoltà cognitive sperimentate nel test.
Risultati
Contrariamente alle ipotesi di partenza, gli accumulatori non hanno ottenuto punteggi significativamente peggiori nella maggior parte dei test neuropsicologici tranne che in quello per le abilità di pianificazione.
- Non si sono riscontrate differenze tra i tre gruppi sui valori di intelligenza verbale e non verbale
- L’aspettativa che vi fossero differenze significative nelle capacità di decisionali e nelle capacità attentive non è stata confermata.
- Al contrario sulle capacità di planning il gruppo di accumulatori ha risolto un numero significativamente inferiore di problemi rispetto agli altri due gruppi. Questo è il risultato più interessante che conferma anche l’esperienza clinica che l’aspetto particolarmente deficitario sia la capacità di pianificazione.
In merito ai risultati di categorizzazione vi sono state diverse differenze tra i tre gruppi. Gli accumulatori hanno creato un numero maggiore di categorie rispetto al gruppo di controllo clinico per i propri oggetti. Sempre gli accumulatori hanno impiegato molto più tempo che entrambe i gruppi di comparazione a categorizzare oggetti personali e rispetto al gruppo di soggetti sani anche un maggior tempo per categorizzare oggetti non personali. Infine gli accumulatori hanno valutato il loro livello di ansia prima e dopo il compito di categorizzazione significativamente più alto rispetto ai due gruppi di comparazione indipendentemente dal tipo di oggetto da categorizzare. L’aspetto di differenza principale riguarda, come già in altri studi il fatto che i beni siano personali o meno. Va considerato che la categorizzazione è un compito complesso e che future ricerche dovranno valutare alla luce delle funzioni esecutive coinvolte anche gli aspetti cognitivi ed emotivi di valutazione delle alternative.
Conclusioni
I risultati di questo studio suggeriscono che gli accumulatori abbiano maggiori difficoltà cognitive nelle attività di pianificazione e categorizzazione rispetto ad un campione non clinico confermando che alla base delle difficoltà di gestione dei propri beni da parte dei pazienti ci siano proprio questo tipo di deficit. Dal punto di visto clinico tali evidenze possono avere delle ripercussioni in termini di linee guida di intervento. Il trattamento diretto delle difficoltà di pianificazione e categorizzazione potrebbero alleviare le manifestazioni principali della sindrome. Gli obiettivi terapeutici potrebbero includere allenamenti di pianificazione a lungo termine frammentati in micro obbiettivi. Uno specifico training di categorizzazione inoltre si è dimostrato utile in pazienti con danno cerebrale da trauma e sebbene gli accumulatori presentino deficit significativamente minori potrebbe essere utile incorporare forme di “allenamento alla categorizzazione” nel trattamento della sindrome.