Category Archives: Sindrome Collyer

L’inclusione della Disposofobia nel nuovo “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”

La ricerca a partire dal ’96 ha visto una crescita importante delle pubblicazioni sul tema, che sostanzialmente hanno portato alla creazione di una nuova categoria diagnostica nel nuovo “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” (DSM-V) di prossima uscita denominata “Hoarding Disorder” (che sarà probabilmente tradotta in Italiano con “Disturbo da Accumulo”).

DSM-5Tradizionalmente le manifestazioni di accumulo sono state considerate come un sintomo o un sottotipo di Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) ed un criterio per la diagnosi di Disturbo Ossessivo Compulsivo di Personalità (DOCP). Ci sono una serie di ragioni cliniche per la sua collocazione nell’area del disturbo ossessivo compulsivo nel precedente manuale DSM-IV-TR dovute al fatto che tra il 18 e il 42 per cento delle persone con disturbo ossessivo compulsivo esibisce manifestazioni legate alla coazione all’accumulo, unitamente ad altre di carattere più aleatorio soprattutto in relazione ai criteri diagnostici di Disturbo Ossessivo Compulsivo di Personalità.  Oggi il quadro appare più definito permettendo una nuova collocazione del disturbo nel DSM-V distinguendolo dalle situazioni di Accumulo + Disturbo Ossessivo Compulsivo e Accumulo come sintomo di Disturbo Ossessivo Compulsivo.

I criteri diagnostici proposti per il nuovo ”Hoarding Disorder” (Disturbo da Accumulo) sono i seguenti:

  1. Persistente difficoltà ad eliminare o separarsi dai propri beni, a prescindere dal loro reale valore
  2. Tale difficoltà è dovuta ad un forte bisogno di conservare tali beni e/o al disagio associato alla loro eliminazione
  3. I sintomi risultano nell’accumulo di un gran numero di beni che progressivamente ingombrano zone della casa o del posto di lavoro fino al punto in cui la loro destinazione d’uso non è più possibile. Se tali aree tornano ad essere sgombre è dovuto ad interventi di terzi (ad esempio, familiari, imprese di pulizie, autorità).
  4. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione nell’area sociale, lavorativa, o in altre importanti aree di funzionamento (incluso il mantenimento di un ambiente sicuro per sé e per gli altri).
  5. I sintomi di accumulo non sono dovuti a una condizione medica generale (per esempio, danno cerebrale, malattia cerebrovascolare).
  6. I sintomi di accumulo non sono ascrivibili ad altro disturbo mentale (per esempio, accumulo a causa di ossessioni dovute a Disturbo Ossessivo-Compulsivo, diminuzione di energia dovuta a Disturbo Depressivo Maggiore, deliri nella Schizofrenia o altro Disturbo Psicotico, deficit cognitivi nella Demenza, interessi ristretti nei disturbi dello Spettro Autistico, accumulo di alimenti nella sindrome di Prader-Willi).

La proposta prevede anche due specificatori, ovvero modalità di ulteriore distinzione. Il primo richiede di specificare la presenza o meno oltre alle condotte di accumulo (difficolta/blocco dell’eliminazione) di condotte di acquisizione (acquisto/raccolta di beni in quanto “utili”, “convenienti” ecc.). Il secondo di specificare il grado di consapevolezza del paziente in merito al problema su una scala a tre livelli.

La diagnosi di Disturbo da Accumulo come sintomo di Disturbo Ossessivo Compulsivo viene ristretta ai soli casi in cui siano presenti i seguenti criteri:

  • Il comportamento di accumulo è guidato dalla paura di contaminazione o da pensieri superstiziosi
  • Il comportamento di accumulo è indesiderato o altamente angosciante
  • l’individuo non mostra alcun interesse per gli oggetti accumulati
  • l’acquisizione eccessiva si presenta solo in relazione ad una categoria determinata di oggetti legati ad ossessione specifica

Ma quali sono gli elementi emersi negli ultimi 10 anni dalla ricerca che hanno creato la necessità di una nuova categoria diagnostica? Sostanzialmente le evidenze sulle quali è stato definito il disturbo come tale afferiscono a differenti aree di ricerca:

Ricerca  clinica:

  • La maggior parte dei pazienti che manifestano un disturbo di accumulo non soddisfano i criteri per Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) o per Disturbo Ossessivo Compulsivo di Personalità (DOCP).
  • La combinazione con altri disturbi è molto maggiore con altri disturbi di personalità (dipendente e paranoide) e con la depressione (36%) che con il Disturbo Ossessivo Compulsivo
  • Il comportamento di hoarding non ha quelle caratteristiche di intrusività e ripetitività tipiche di altri sintomi del Disturbo Ossessivo Compulsivo
  • L’accumulo non è vissuto in modo “spiacevole” come altri sintomi ossessivi (coazione a lavarsi, a controllare, ecc.)
  • Il disturbo peggiora lentamente (ogni decade) a differenza del Disturbo Ossessivo Compulsivo
  • Nel caso in cui sia presente anche acquisizione eccessiva, gli stati emotivi sono più vicini a quelli dei Disturbi del Controllo degli Impulsi (ICD) che a quelli del Disturbo Ossessivo Compulsivo
  • I problemi nei processi decisionali sono diversi e più gravi rispetto al tipico quadro del Disturbo Ossessivo Compulsivo
  • Il senso di responsabilità non è orientato alle persone come nel paziente con Disturbo Ossessivo Compulsivo ma piuttosto agli oggetti
  • Un numero significativamente alto di accumulatori ha un passato traumatico o segnato da gravi eventi stressanti

Studi sulle terapie:

  • L’attuale sottotipo hoarder (accumulatore) non ottiene gli stessi risultati ai protocolli di trattamento del Disturbo Ossessivo Compulsivo rispetto agli altri sottotipi. Da alcuni anni molti studi sul Disturbo Ossessivo Compulsivo escludono sistematicamente dal campione gli hoarders, ritenuti sostanzialmente differenti rispetto agli altri sottotipi del Disturbo Ossessivo Compulsivo
  • In particolare per gli accumulatori sono minori i risultati con alcune tecniche terapeutiche utilizzate nel trattamento nel Disturbo Ossessivo Compulsivo
  • In particolare per gli accumulatori sono minori i risultati con alcuni farmaci usati nel trattamento del Disturbo Ossessivo Compulsivo

Studi di Neuroimaging e Neuropsicologia:

  • I substrati neurologici che sostengono i sintomi del Disturbo Ossessivo Compulsivo sono differenti da quelli che sostengono il comportamento di accumulo. I primi sono rappresentati da un elevata attività in specifici circuiti dell’area orbitofrontale mentre i sintomi di accumulo coinvolgono aree della corteccia cingolata, di quella ventromediale e alcune strutture limbiche (per uno studio di neuroimaging sulla differenza tra DOC e Accumulatori  si veda questo post.)
  • Negli accumulatori sono evidenti sostanziali deficit nelle funzioni esecutive, nell’attenzione, nella memoria e nella categorizzazione.

Le evidenze sono quindi molte. A fianco di queste considerazioni di tipo tecnico ne vanno però fatte anche alcune di opportunità. La “creazione” di una nuova categoria di disturbi (in questo caso quello da accumulo) pone sempre alcuni rischi. In questo caso la “patologizzazione” dall’oggi al domani di un comportamento considerato “collezionismo eccentrico” o l’opportunità di inserire un disturbo per lo più vissuto come non problematico dall’accumulatore potrebbero essere considerati tali. Tuttavia è importante distinguere come demarcatore tra normalità e patologia non tanto il comportamento in sé ma il grado in cui questo diventa disfunzionale per il paziente determinando stati di difficoltà fino alla completa disabilità. In questi casi i vantaggi superano i rischi e la creazione di una nuova diagnosi nel DSM-V potrà sensibilizzare l’opinione pubblica, migliorare l’identificazione dei casi e la comunicazione tra clinici e stimolare la ricerca e lo sviluppo di trattamenti specifici per tale disturbo.

Articolo Originale: “Hoarding Disorder e DSM-V” su Psicoterapie.pro

La Disposofobia nella ricerca scientifica

Ricerca Scientifica HoardingIn ambito scientifico gli ultimi 10 anni hanno visto un fiorire esponenziale di studi sulla Disposofobia (conosciuta in ambito clinico come Hoarding Disorder) fino ad oggi considerata una manifestazione secondaria ad altri disturbi (in particolare il Disturbo Ossessivo Compulsivo o il Disturbo di Personalità Ossessivo Compulsivo). L’esito di questa attività di ricerca sviluppata in differenti ambiti (neuroscienze, studi genetici, studi sulle terapie, ecc.) ha portato nei clinici nuovi elementi di comprensione circa la natura peculiare del disturbo e la creazione nel nuovo “Manuale diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali” (DSM-V) di una specifica categoria denominata “Hoarding Disorder” (che sarà probabilmente tradotta in Italiano con “Disturbo da Accumulo”) dotata di criteri diagnostici propri. Questo va considerato sicuramente un passo importante che favorirà ulteriormente sia lo sviluppo della ricerca che quello dei trattamenti cogliendo peraltro una situazione già consolidata nella conoscenza clinica. D’altra parte, anche per i non addetti ai lavori, il termine hoarding ha cominciato ad entrare nel vocabolario comune principalmente per il successo di alcune serie TV, prodotte negli Stati Uniti e ritrasmesse in Italia (come “Hoarders” e “Buried Alive”) che seppur semplificando molto il problema hanno alzato il livello di consapevolezza generale sul tema.

Il termine Disposofobia entrato nell’ uso comune non è completamente corretto, perché da un lato rimanda al concetto di Fobia che non può essere applicato a questo disturbo e dall’altro coglie solo l’aspetto di difficoltà a liberarsi delle “cose” senza cogliere l’aspetto di accumulo. D’altra parte il termine Hoarding non è di facile traducibilità, si sono pertanto sviluppate una serie di etichette che identificano il disturbo ma che per motivi differenti risultano o riduttive o fuorvianti (Sillogomania, Accaparramento Compulsivo, Accumulo Patologico, Mentalità Messie, Sindrome di Collyer); utilizzeremo in questo sito la dicitura Disposofobia non tanto per la sua correttezza ma per la sua diffusione in ambiente non clinico. Nei prossimi post sarà un po’ ripercorso il cammino fatto fino ad oggi per il riconoscimento del disturbo, la sua inclusione nel DSM-V, le basi di questo riconoscimento (in particolare quelle interessantissime di tipo genetico e neurobiologico), le prospettive di studio verso ipotesi causali di tipo traumatico e ovviamente le possibilità di trattamento.

In Italia la disposofobia come manifestazione clinica viene spesso ignorata o sottovalutata considerandola di volta in volta:

  • un aspetto caratterizzante un altro disturbo
  • un aspetto secondario ad altri disturbi (depressione, ansia, demenza)
  • un’ espressione di pigrizia, avarizia, disordine, ecc.
  • un tratto caratteriale un po’ eccentrico ma fondamentalmente innocuo

E’ senz’altro vero che molte condizioni possono produrre comportamenti di accumulo ma è anche vero che la ricerca già da almeno un decennio permette di discriminare un profilo sostanzialmente Disposofobico da uno secondario ad altre patologie o in combinazione con altre patologie.  In questo senso il suo riconoscimento formale aiuterà a porre maggior attenzione all’inclusione in fase di valutazione dei casi di elementi di indagine su questo aspetto spesso fortemente invalidante.

Vediamo alcuni aspetti essenziali che caratterizzano la Disposofobia. Sostanzialmente si tratta di un modello di comportamento caratterizzato dall’incapacità di eliminare alcunché dai propri spazi vitali (casa, auto, ufficio, ecc.) talvolta accompagnata dall’eccessiva acquisizione di oggetti per il loro carattere di “affare” o “scorta”. Si crea così uno sbilanciamento tra il materiale che “esce” (quasi nulla / nulla) e quello che “entra” perché acquistato o raccolto in giro (volantini, bustine di zucchero, giornali, vestiti, cibo, in alcuni casi animali). Nel tempo questo determina il progressivo ingombro di tutti gli spazi disponibili inclusi quelli vitali per cucinare, dormire, lavarsi determinando in ultimo l’impossibilità a svolgere le normali attività quotidiane. La gravità del comportamento di accumulo può essere valutata con differenti scale. Questo meccanismo determina un circolo vizioso con gravissimi impatti sulla persona ed i suoi familiari. La casa progressivamente non è più adatta a svolgere le sue funzioni, vi è una riduzione e talvolta un crollo del funzionamento lavorativo e sociale. Spesso sorgono problemi economici per le eccessive spese, i mancati guadagni o la mancata amministrazione dei propri beni. Vi è un progressivo isolamento ed anche i rapporti con i familiari diventano sempre più difficili, caratterizzati spesso da rabbia e vergogna. Si tratta quasi sempre di una spirale discendente che determina specie in età avanzata ulteriori problemi. La persona non accetta di far entrare nessuno nei propri ambienti per effettuare delle riparazioni, gli spazi si deteriorano ulteriormente con gravi problemi igienici, il materiale accumulato inoltre crea rischi di cadute e di incendio. Si determinano situazioni di conflittualità con il vicinato. Anche se si tratta di un caso estremo la storia dei fratelli Collyer (il primo caso documentato di hoarding dal cui nome Sindrome di Collyer che nel ’47 morirono nella loro casa di New York sotto 130 tonnellate di “roba”) può dare un idea della drammaticità del disturbo.

Ma se tutto questo è causato semplicemente dalla difficoltà di liberarsi delle cose accumulate cos’è che mantiene il disturbo? Sostanzialmente si tratta di aspetti disfunzionali in una o più di queste tre aree:

1/ Difficoltà in alcune funzioni base (categorizzazione, pianificazione, decisione, memoria)

Chi ha un disturbo da accumulo ha:

  • difficoltà a categorizzare i propri beni (ad esempio, decidere ciò che ha valore e ciò che non ne ha)
  • difficoltà a prendere decisioni su cosa fare con tali beni
  • difficoltà a ricordare dove sono le cose (spesso vuole mantenere tutto in vista in modo da non dimenticare)

2/ Idee particolari sui propri beni

Chi ha un disturbo da accumulo:

  • sente un forte senso di attaccamento emotivo nei confronti dei propri beni (ad esempio, un oggetto potrebbe essere avvertito come unico, una parte della persona o della sua storia)
  • si sente responsabile per gli oggetti e a volte pensa che le cose inanimate abbiano dei sentimenti
  • sente il bisogno di mantenere il controllo sui propri beni (e quindi non vuole che nessuno tocchi o sposti tali oggetti)
  • è preoccupato di dimenticare le cose (e usa gli oggetti come promemoria visuale)

3/ Stress emotivo connesso all’eliminazione

 Chi ha un disturbo da accumulo:

  • si sente molto ansioso o turbato quando si tratta di prendere una decisione su cosa eliminare
  • ha un tratto perfezionistico che determina la paura di prendere la decisione sbagliata su cosa tenere e cosa buttare via
  • controlla le proprie sensazioni di disagio, evitando di iniziare il compito di eliminazione e rimandando il compito

Circa la diffusione del disturbo numerosi studi collocano la disposofobia come presente tra il 2 e il 5% della popolazione generale, una percentuale significativamente più alta rispetto all’incidenza di altri disturbi come il disturbo ossessivo compulsivo, il disturbo di panico e la schizofrenia. La tendenza all’accumulo spesso inizia durante l’infanzia o l’adolescenza, ma di solito non ha manifestazioni severe fino all’età adulta. La tendenza all’accumulo si presenta spesso nelle famiglie dove sono presenti altri disturbi, come depressione, ansia sociale, disturbo bipolare, ecc. La maggior parte delle persone con accumulo compulsivo può indicare almeno un altro membro della famiglia con lo stesso problema. Studi di tipo genetico suggeriscono che una regione del cromosoma 14 sia legata al comportamento di accumulo in queste famiglie.

Una domanda che prima o poi emerge sempre quando si parla di disposofobia è come sia determinabile il confine tra normalità e patologia, anche considerando che spesso l’accumulatore vive il suo disturbo in modo inconsapevole. Qualcuno si chiede “in fondo la disposofobia non è una forma di collezionismo estremo?”. Tutti in qualche fase della vita hanno la sensazione di accumulare troppa roba e molti sono dei collezionisti di qualche cosa, ma quando il disturbo interferisce con la vita lavorativa, familiare e sociale della persona si può parlare di manifestazioni di rilievo clinico di per sé sufficienti a tracciare una demarcazione sostanziale.

Nei prossimi post verranno trattati alcuni degli aspetti qui accennati in modo più approfondito ed il tema del supporto ai familiari nel trattamento del paziente.

Articolo Originale: “Hoarding Disorder – oltre la prospettiva OCD, OCPD” su Psicoterapie.pro

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