Nonostante le gravi manifestazioni che la disposofobia produce, le persone che accumulano difficilmente cercano aiuto in prima persona. Il primo passo deve essere in genere fatto dai familiari per comprendere la natura del disturbo e per poter efficacemente trasferire le possibilità di trattamento alla persona che accumula. Tali possibilità vanno identificate caso per caso. In alcuni casi il comportamento di accumulo può non configurarsi come vera Disposofobia quanto piuttosto come un effetto secondario di altre patologie, in tal caso il percorso terapeutico farà riferimento alle linee guida di trattamento per la specifica patologia. Nella maggior parte dei casi tuttavia l’accumulo è invece espressione proprio della sindrome disposofobica, in tal caso la Terapia Cognitivo-Comportamentale specificamente adattata per tale disturbo risulta di provata efficacia clinica. Il trattamento prevede una fase di valutazione del caso ed un percorso terapeutico svolto in parte a domicilio (o dove il comportamento di accumulo si manifesta) ed in parte in studio, indirizzato a sviluppare progressivamente nella persona la capacità di padroneggiare in modo autonomo le manifestazioni del disturbo.
Anche se a molti familiari può apparire una scorciatoia il semplice intervento di svuotamento e pulizia fatto da terze persone (i familiari stessi o agenzie di pulizia) non risolve mai il problema, talvolta aggravandolo o comportando il rischio che si inneschino altri gravi disturbi (depressione, disturbo di panico, in alcuni casi ideazione suicidaria).
Molto utili le informazioni lette! Mi piacerebbe trovare un terapista nella zona in cui vivo per poter iniziare una terapia adeguata per non peggiorare nella mia condizione di accumolatrice e magari venirne fuori anche in maniera definitiva