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Disposofobia e co-occorrenze con altri disturbi

E’ noto come il comportamento di accumulo si presenti spesso in comorbilità con altri aspetti psicopatologici. Molti sono gli studi che hanno cercato di identificare tali pattern di comorbilità. Tuttavia alla luce della nuova definizione di Disturbo da Accumulo come categoria a sé stante nel nuovo manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V) tali studi risultano oggi in parte superati sostanzialmente per i seguenti motivi:

  • utilizzo di campione già diagnosticato con Disturbo Ossessivo Compulsivo (ricordiamo che fino ad oggi il comportamento di Accumulo stato considerato un sottotipo di Disturbo Ossessivo Compulsivo, quindi le ricerche hanno essenzialmente attinto a popolazioni con Disturbo Ossessivo Compulsivo)
  • indisponibilità di definizioni adeguate di Disturbo da Accumulo al momento dello studio
  • indisponibilità di strumenti di valutazione del comportamento di Accumulo al momento dello studio

Esistono quindi in questa nuova prospettiva pochi studi controllati sui pattern di comorbilità con la disposofobia nella sua accezione più moderna. Uno di questi, è “Comorbidity in Hoarding Disorder” di Frost pubblicato su Depression and Anxiety a fine 2011.

Questa ricerca è stata la prima ad esaminare un campione significativo di soggetti definibili disposofobici in accordo ai criteri diagnostici proposti per il DSM-V (ed ora confermati) per il Disturbo da Accumulo. Il campione ha previsto il confronto tra un gruppo di 217 soggetti con diagnosi di Disposofobia ed uno di 96 soggetti con diagnosi di Disturbo Ossessivo Compulsivo senza condotte di accumulo.

A tutti i soggetti è stata somministrata una batteria di scale per la valutazione di disturbi d’ansia, di umore, somatoformi Disturbo Post Traumatico da Stress, Disturbo del Controllo degli impulsi, Disturbo da Accumulo e Sindrome da Deficit dell’Attenzione e Iperattività. I soggetti con Disturbo Ossessivo Compulsivo erano stati precedentemente diagnosticati e come tali inclusi nel campione.

RISULTATI: Disposofobia e co-occorrenze con altri disturbi

  • Disturbo Ossessivo Compulsivo: in accordo a precedenti studi di portata più ridotta, solo il 18% dei soggetti Disposofobici hanno soddisfatto i criteri di diagnosi per il Disturbo Ossessivo Compulsivo, con una piccola differenza di genere (15% delle donne e 28% degli uomini)Comorbilità Disposofobia
  • Depressione Maggiore: in accordo alle aspettative la depressione è il disturbo che con maggior frequenza si associa a quadri di Disposofobia. Il 50,7% del campione di Disposofobici ha soddisfatto i criteri di diagnosi per la Depressione Maggiore. Per confronto il gruppo con Disturbo Ossessivo Compulsivo ma senza Disposofobia ha riportato una co-occorrenza con la Depressione Maggiore di circa 20 punti percentuali in meno (33.3%). Non sono state riscontrate differenze di genere
  • Disturbi d’Ansia: Fobia Sociale (23,5%) e Ansia Generalizzata (24,4%) sono stati i disturbi più rappresentati. Valori analoghi si sono riscontrati anche nel gruppo con Disturbo Ossessivo Compulsivo ma senza Disposofobia. Totalmente assente la co-occorrenza con il Disturbo di Panico
  • Disturbo Post Traumatico da Stress: la co-occorrenza riscontrata è stata bassa (6,9%) senza differenze significative tra i due gruppi Disposofobici e con Disturbo Ossessivo Compulsivo senza Disposofobia. Il dato è interessante in considerazione del fatto che gli accumulatori collocano quasi sempre l’esordio del comportamento di accumulo in corrispondenza di un evento traumatico (differentemente dai pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo)
  • Disturbi di controllo degli impulsi: come previsto il gruppo dei Disposofobici si è differenziato nettamente dal gruppo con Disturbo Ossessivo Compulsivo senza Disposofobia sui comportamenti di acquisizione (acquisto= 60,8%,  raccolta=59,9%,  cleptomania=9,9%). Unica differenza di genere rilevante la netta differenza tra uomini-Disposofobici e donne-Disposofobiche sulla voce “acquisto” (48% vs. 64.8%). Sostanzialmente nelle donne Disposofobiche è presente in modo significativamente maggiore un disturbo di controllo sull’acquisto.
  • Sindrome da Deficit dell’Attenzione e Iperattività: anche in questo caso come previsto il gruppo di Disposofobici ha soddisfatto i criteri per il sottotipo “disattento” molto più frequentemente che il gruppo con Disturbo Ossessivo Compulsivo senza Disposofobia (27,8% vs.3,2%).
  • Disturbi di personalità: come è ovvio la percentuale di co-occorrenza con il Disturbo Ossessivo Compulsivo di Personalità è radicalmente differente tra i due gruppi essendo il comportamento di accumulo proprio uno dei criteri diagnostici del Disturbo Ossessivo Compulsivo di Personalità. Tuttavia rimuovendo il criterio relativo al comportamento di accumulo le percentuali si riequilibrano sugli stessi livelli. Solo altri due disturbi di personalità hanno una co-occorrenza superiore al 4%. Il Disturbo Evitante di Personalità (8,8%) e Il Disturbo Borderline di personalità (5,4%)

Come si vede dai risultati, Depressione Maggiore (50,7%), Fobia Sociale (23,5%) ed Ansia Generalizzata (24,4%) sono diagnosticate con maggiore frequenza in co-occorrenza con il Disturbo da Accumulo di quanto lo sia il Disturbo Ossessivo Compulsivo (18%). Questo dato ben si accorda con la nuova prospettiva sulla Disposofobia che la colloca come disturbo indipendente dal DOC e non più come uno dei suoi sottotipi. Tuttavia il Disturbo Ossessivo Compulsivo rimane uno dei disturbi che co-occorrono più spesso con la Disposofobia suggerendo che una relazione tra i due disturbi comunque esista.

In merito alla prevalenza di co-occorrenza con i disturbi dell’umore ed i disturbi d’ansia la domanda che rimane aperta è relativa al ruolo che questi abbiano nella genesi del Disturbo da Accumulo o se siano al contrario una conseguenza data dallo stress generato dall’incapacità di uscire dalla propria condizione, dall’isolamento sociale e da tutte le conseguenze familiari e sociali che la Disposofobia produce. Studi sugli esordi del disturbo saranno nei prossimi anni in grado di approfondire i nessi di causa-effetto.

In merito ai disturbi del controllo degli impulsi (rilevati anche in altri studi come presenti in circa l’80% dei pazienti che accumulano) questi sono talmente pervasivi  che è probabilmente più opportuno non considerarli come una comorbilità quanto piuttosto come parte del fenotipo stesso del Disturbo da Accumulo. Nel nuovo “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” DSM-V infatti seppur non presente tra i criteri diagnostici l’eccessiva acquisizione dovrà infatti essere segnalata come elemento di specificazione.

Infine interessante il dato sul Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD): i due gruppi non differiscono significativamente in termini di diagnosi sul PTSD (comunque bassa) tuttavia differiscono grandemente nel riportare eventi traumatici in età adulta ed in età dello sviluppo. Questo apre almeno un paio di filoni di riflessione.

  • I soggetti disposofobici hanno forse una soglia personale più bassa per definire un evento “traumatico” ?
  • Oppure vi è effettivamente un’alta incidenza di eventi traumatici che determinano una risposta disfunzionale alternativa allo sviluppo di un Disturbo Post Traumatico da Stress quale appunto il comportamento di Accumulo? (Ipotesi trattata in un post precedente).

Al momento non è possibile dare una risposta ma la relazione tra trauma, malfunzionamento delle capacità di attenzione, categorizzazione, pianificazione, decisione e comportamento di accumulo sarà probabilmente uno dei focus più interessanti di ricerca dei prossimi anni.

Articolo Originale: “Pattern di comorbilità nell’Hoarding Disorder” su Psicoterapie.pro

Perché si accumula?

DisposofobiaLa concettualizzazione cognitivo-comportamentale della Disposofobia sulla quale si basa il trattamento è stata modellizzata da Frost & Hartl per la prima volta nel 1996 subendo nel tempo una serie di integrazioni e modifiche che la hanno resa sempre maggiormente aderente alle evidenze cliniche e di ricerca raccolte negli ultimi quindici anni. Va quindi considerato un modello in evoluzione che andrà incontro ad ulteriori aggiustamenti ed integrazioni col progredire della ricerca sul tema. Ad oggi integra sostanzialmente tutti gli elementi che trattando questo tipo di disturbo si incontrano, in termini sia di comportamenti di accumulo che di antecedenti intesi come fattori di vulnerabilità, credenze personali e correlati emotivi. Il modello assume infatti che i comportamenti finali che producono il significativo disagio vissuto negli ambienti di vita (ovvero l’eccessiva acquisizione, per acquisto o raccolta, le resistenze ad eliminare il materiale acquisito ed il risultante grave disordine e mancanza di igiene) siano determinati da aspetti di vulnerabilità personali che inducono una serie di valutazioni cognitive sui propri beni che attivano a loro volta cicli emotivi positivi o negativi influenti sui comportamenti finali. Vediamoli nel dettaglio.

Fattori di Vulnerabilità Personale

Un aspetto centrale è rappresentato dai deficit di alcune funzioni fondamentali nei processi di trattamento dell’informazione ed in particolare:

  • Percezione: funzionamento alterato di alcuni aspetti di percezione caratterizzata da una forte attrazione visuale per gli oggetti che determina una iper-focalizzazione visuale sul singolo oggetto a sfavore di una visione di insieme (con conseguente scarso riconoscimento di aspetti generali di caos)
  • Attenzione: difficoltà di concentrazione e di mantenimento dell’attenzione in compiti complessi
  • Memoria: deficit di memoria (verbale e visuale) con conseguente tendenza ad affidarsi a promemoria-visivi (gli oggetti stessi). Recenti studi hanno evidenziato come in realtà si tratti non di un deficit oggettivo ma di una autovalutazione sulle proprie capacità di memoria.
  • Categorizzazione: difficoltà nel cogliere gli elementi comuni tra oggetti e conseguente incapacità di raggrupparli e organizzarli. Il problema sembra essere dovuto all’iper-caratterizzazione (eccesso di dettagli senza gerarchizzazione) degli oggetti tale per cui ogni singolo oggetto diventa una categoria a sé. Recenti ricerche hanno evidenziato come questo aspetto sembri applicarsi solo ad oggetti propri
  • Attività decisionale: difficoltà nel portare a termine processi decisionali anche minimi, dovuta ad una eccessiva inclusione di variabili decisionali ed alla conseguente paura di non averle considerate tutte e/o in modo corretto (paura dell’errore)

Inoltre recenti studi hanno più compiutamente identificato una generale difficoltà nella pianificazione di azioni complesse e nella gerarchizzazione di piani d’azione.

Vi sono poi una serie di aspetti che possono determinare ulteriori aspetti di vulnerabilità:

  • Esperienza / Educazione familiare con trasmissione di valori e comportamenti circa il possesso, l’ordine/disordine in casa, il controllo, lo spreco, l’utilità, il valore delle cose, ecc.
  • Concetto di sé non amabile, senza valore, inaiutabile
  • Tratti di personalità perfezionistici, dipendenti, ansiosi, paranoici
  • Umore generalmente depresso o ansioso
  • Co-occorrenza di altri disturbi  (Fobia Sociale, Ansia Generalizzata, Depressione Maggiore) e frequente storia traumatica

Se i deficit nel trattamento dell’informazione determinano in modo diretto lo sviluppo del caos, l’Esperienza/Educazione familiare, il Concetto di Sé ed i Tratti di Personalità agiscono in modo indiretto indirizzando delle valutazioni dei propri beni che a loro volta attivano delle risposte emotive positive / negative e determinano comportamenti di acquisto/raccolta e di resistenza all’eliminazione.

Tali valutazioni possono essere riassunte come Credenze Personali sui seguenti ambiti:

  • Possesso: ogni oggetto posseduto viene caricato di
    • valore strumentale (ogni oggetto può essere potenzialmente utile)
    • valore intrinseco/estetico (ogni oggetto ha una sua bellezza unica)
    • valore sentimentale (ogni oggetto ha una storia alla quale è legato, un significato emotivo)
    • valore di identità personale (sono quello che posseggo)
  • Vulnerabilità
    • Gli oggetti sono fonte di sicurezza (protezione)
    • Gli oggetti (e il relativo comportamento di acquisizione) danno un senso di comfort (“fanno stare bene”)
  • Responsabilità
    • Gli oggetti non devono essere sprecati per motivi etici, ecologici, economici, ecc.
    • Gli oggetti costituiscono un’opportunità che va colta assolutamente quando si presenta (convenienza, rarità, ecc.)
  • Propria memoria
    • Gli oggetti sono dei promemoria, perdere gli oggetti significa dimenticarsi ad esempio una scadenza o un’informazione utile
    • Perdere un oggetto equivale a perdere quella parte di memoria (in alcuni casi la credenza è che l’oggetto sia di per sé un supporto che “contiene” la memoria in modo quasi magico)
  • Controllo
    • Intollerabilità alla perdita di controllo sui propri oggetti (“nessuno è in grado di gestirli correttamente”)

Le credenze personali sul possesso inducono in genere Emozioni Positive (gioia, orgoglio) che determinano direttamente comportamenti di acquisto/raccolta e resistenza all’eliminazione agendo un rinforzo positivo. Al contrario le credenze su Vulnerabilità, Responsabilità, Propria memoria e Controllo inducono Emozioni Negative di tristezza, ansia, paura, colpa, vergogna. L’evitamento di queste emozioni conduce ai tre comportamenti disfunzionali (difficoltà di organizzazione degli oggetti, acquisto/raccolta e resistenza all’eliminazione) agendo un circolo rinforzo negativo.

Infine a determinare il grado di disordine degli ambienti intervengono elementi di riverbero dai Comportamenti di acquisto/raccolta e resistenza all’eliminazione che possono avere vari livelli di intensità.

Il modello che come abbiamo detto è in evoluzione, coglie quelli che sono i più frequenti elementi riscontrabili nelle casistiche di disposofobia, questo non vuol dire che tutti siano presenti in ciascun soggetto o con lo stesso livello di intensità. E’ quindi fondamentale in fase di valutazione del caso andare ad identificare, oltre allo stato oggettivo di disordine e mancanza di igiene negli spazi di vita, la presenza di comportamenti di acquisizione e non-eliminazione e il particolare profilo di accumulo sia sul piano dei fattori di vulnerabilità che su quello dei significati e degli stati emotivi correlati.

Articolo Originale: “La modellizzazione dell’Hoarding Disorder in una prospettiva Cognitiva” su Psicoterapie.pro

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