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Il cervello degli accumulatori funziona in un modo differente?

Cervello DisposofobiaTra le aree di ricerca che hanno contribuito in particolar modo a definire un livello di comprensione maggiore relativamente alla Disposofobia (o Hoarding Disorder, Sillogomania, Accaparramento Compulsivo, Accumulo Patologico, Mentalità Messie, Sindrome di Collyer) come disturbo a sé, hanno sicuramente un ruolo di primo piano le nuove modalità di indagine “in vivo” delle neuroscienze (PET, SPECT, fMRI, ecc.) unitamente ai più tradizionali approcci neuropsicologici e basati su lesioni cerebrali provocate da incidenti o malattia. Questo corpus di studi ha dimostrato che sostanzialmente il cervello degli accumulatori funziona in modo differente.

In particolare in uno studio di Tolin et.al. della Yale University apparso nel numero di agosto di Archives of General Psychiatry (“Neural Mechanisms of Decision Making in Hoarding Disorder) viene considerato un campione che include pazienti Accumulatori “puri” cioè senza una diagnosi di Disturbo Ossessivo Compulsivo ed un disegno sperimentale concepito per distinguere il comportamento di eliminazione di beni propri e beni altrui (una discriminate importante in questo disturbo).

Per esaminare in modo più approfondito i meccanismi neurali dei processi decisionali e dei correlati emotivi nel disturbo di accumulo, Tolin e colleghi hanno selezionato 43 pazienti con manifestazioni di Accumulo, 31 con Disturbo Ossessivo Compulsivo, e 33 soggetti di controllo sani. Ai partecipanti è stato chiesto di portare da casa un assortimento di materiale cartaceo senza valore (giornali, posta pubblicitaria, volantini, ecc.) a ciascun soggetto è stato poi fornito del materiale simile per quantità e qualità a completamento del materiale sperimentale. Tutto il materiale è stato poi etichettato a seconda della provenienza con “tuo” o “nostro”. La risonanza magnetica funzionale è stata eseguita mentre ai soggetti veniva chiesto di decidere in merito all’eliminabilità’ del materiale sperimentale. I pazienti erano poi invitati ad assegnare un punteggio alle loro emozioni durante il processo decisionale.

Risultati. I pazienti con Disturbo di Accumulo hanno scartato un numero significativamente minore di oggetti etichettati come propri rispetto ai pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo e ai soggetti di controllo. Non ci sono state invece differenze tra i tre gruppi in merito alla decisone di scartare un elemento non proprio. In merito alle emozioni i pazienti disposofobici hanno registrato più ansia, tristezza e incertezza, oltre ad una percezione che ci fosse “qualcosa di sbagliato” rispetto agli altri due gruppi con una correlazione significativa rispetto al numero di oggetti personali eliminati.

La relazione tra le emozioni riportate e i risultati della Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI), hanno evidenziato negli accumulatori i seguenti collegamenti

  • Ansia – aumento dell’attività emodinamica nel giro frontale
  • Tristezza – aumento di attività nel giro frontale e temporale, e nello striato ventrale
  • Incertezza – attività nel giro frontale, nell’insula e nell’uncus
  • Senso che ci fosse “qualcosa di sbagliato”– aumento dell’attività in differenti aree tra cui il giro frontale, corteccia cingolata anteriore, insula ed ippocampo

Soprattutto le anomalie circa i risultati relativi ai pattern di attivazione di corteccia cingolata anteriore e insula sono coerenti con i modelli emergenti circa il disturbo di accumulo che sottolineano i problemi a carico dei processi decisionali che impediscono ai pazienti di gettare via alcunché. Queste aree sono infatti associate a percezioni di incertezza, sentimenti spiacevoli, valutazione del rischio e processo decisionale emotivo. Un altro risultato interessante riguarda il pattern di ipoattività presente in alcune aree nel momento in cui ai disposofobici veniva chiesto di scegliere non tra i propri oggetti ma tra quelli forniti dagli sperimentatori (schema osservato anche nei pazienti con autismo in altre ricerche).

Lo studio ha anche alcune limitazioni dichiarate dagli stessi ricercatori.

  1. la possibilità di presenza di tratti subclinici di Disturbo Ossessivo Compulsivo negli accumulatori, e viceversa
  2. la composizione del campione costituito prevalentemente da donne (la generalizzazione dei risultati potrebbe essere messa in discussione essendo la disposofobia più diffusa tra gli uomini)
  3. il disegno sperimentale non ha considerato il fattore tempo nel processo decisionale (brevità richiesta) che può aver influito sulle difficoltà nel processo decisionale degli accumulatori

Riassumendo i risultati più significativi, i pazienti con disturbo di accaparramento presentano anomalie cerebrali peculiari facendo rilevare un’attività emodinamica alla Risonanza Magnetica Funzionale nella corteccia cingolata anteriore e nella corteccia insulare destra e sinistra significativamente maggiore rispetto a soggetti di controllo sani e pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo. Al contrario l’attività nella corteccia cingolata anteriore e dell’insula è ipoattiva quando l’oggetto in questione appartiene a qualcun altro.

Questi risultati si vanno ad unire a quelli di alcuni altri studi che sostanzialmente evidenziano come il disturbo da accumulo sia caratterizzato da pattern di funzionamento particolari nella corteccia orbitofrontale, nella corteccia prefrontale ventromediale, e nella la corteccia cingolata anteriore. Queste anomalie sono probabilmente alla base dei problemi di funzionamento neuropsicologico osservabili in questi pazienti (attenzione, memoria e capacità di pianificazione e decisione  che si traducono nei comportamenti alla base dell’accumulo e nelle difficoltà ad iniziare processi decisionali, scelte, categorizzazioni. Tale difficoltà produce un senso di non poter fronteggiare il compito di “pulizia” per la sua entità, contemporanea ansia e significativo disagio, determinando infine una situazione in cui tale compito è continuamente rimandato o del tutto evitato in un circolo vizioso che porta ad allontanarsi sempre di più dalla possibilità di risolvere autonomamente la situazione.

Articolo Originale: “Anomalie e differenze neurobiologiche negli Hoarders” su Psicoterapie.pro

La Disposofobia può essere conseguenza di un trauma?

Disposofobia e TraumaLa Disposofobia si configura oggi nel nuovo Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V) come disturbo a sé stante uscendo dalla semplice espressione di sintomo del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) o criterio per la diagnosi di Disturbo Ossessivo Compulsivo di Personalità (DOCP). L’impostazione del DSM non entra nel merito della causalità dei disturbi (tranne nel caso del Disturbo Post Traumatico da Stress) e anche nel caso della Disposofobia non fa eccezione. In letteratura molte sono le ipotesi  che a fianco della matrice di tipo biologico (studi di linkage genetico e neuroimaging) evidenziano una prospettiva totalmente inedita rispetto all’originaria idea di manifestazione sintomatica del Disturbo Ossessivo Compulsivo. Si tratta della cosiddetta prospettiva traumatica.

Uno studio abbastanza recente (2011) di Landau et.al. riportato sul Journal of Anxiety Disorders (Stressful life events and material deprivation in hoarding disorder) ha infatti evidenziato come una possibile linea di causalità nella Disposofobia potrebbe essere ricercata in esperienze traumatiche riportate con impressionate frequenza dagli Accumulatori (senza diagnosi di Disturbo Ossessivo Compulsivo). Lo studio ha posto a confronto quattro gruppi:

  • Accumulo senza Disturbo Ossessivo Compulsivo
  • Accumulo con Disturbo Ossessivo Compulsivo
  • Disturbo Ossessivo Compulsivo senza Accumulo
  • Gruppo di controllo (soggetti sani)

La ricerca prevedeva differenti strumenti (interviste e questionari autocompilativi) per determinare la presenza ed eventuali livelli di comportamento di Accumulo, Disturbo Ossessivo Compulsivo di Personalità, eventi traumatici, deprivazione materiale, funzionamento lavorativo e sociale.

I risultati hanno indicato che il Disturbo di Accumulo correla significativamente con una storia di  esposizione a eventi traumatici e stressanti. Oltre il 50% degli accumulatori riferisce l’esordio dei sintomi di accumulo in concomitanza o in seguito ad un evento traumatico o gravemente stressante. Al contrario la presenza di “veri” sintomi ossessivo-compulsivi (rituali di lavaggio, controllo, ecc.) non correla o in alcuni casi correla negativamente con una storia di eventi di  traumatici.

Questo dato amplia la comprensione del disturbo indicando anche interessanti prospettive di studio per il trattamento. Similarmente all’ipotesi in base alla quale i classici sintomi del trauma (iper attivazione, immagini intrusive, flashbacks, dissociazione) siano il riproporsi di una risposta di sopravvivenza “fuori contesto”, l’accumulo potrebbe rappresentare un riproporsi del bisogno di evitare la perdita associata a eventi traumatici. L’accumulo sarebbe quindi una soluzione disfunzionale al trauma.

Verificato il fatto che una storia traumatica è maggiormente presente nella vita degli accumulatori come può questa essere messa in relazione con il comportamento di accumulo o meglio di evitamento dell’eliminazione? Alcuni punti centrali nella prospettiva traumatica ci possono aiutare a comprendere la relazione.

  • Il Trauma comporta sempre una perdita. Ogni evento traumatico può comportare una “perdita” a livello personale o di comunità di appartenenza. Possono andare perse cose materiali, persone care, la stessa vita personale. L’accumulo sembra funzionare da antidoto al senso di “perdita”. Molti studi evidenziano la preponderanza di temi di “perdita” nell’accumulo che lo distingue nettamente dal collezionismo. La sola idea di eliminare un oggetto anche senza valore determina ansia e disagio, ne consegue che l’oggetto non viene eliminato per evitare l’angoscia legata alla perdita.
  • Il Trauma soprattutto se agito da un nostro simile, danneggia il senso di sicurezza, di prevedibilità e di fiducia. L’acquisizione di oggetti ed il loro mantenimento crea legami vicari con tali oggetti che in una prospettiva traumatica appaiono più sicuri e prevedibili dei legami tra esseri umani. Spesso l’attaccamento alle persone è sostituito dall’attaccamento alle cose.
  • Il Trauma implica sentimenti di perdita di controllo, paura e impotenza. Il senso di controllo sugli oggetti è importante per gli accumulatori. La maggior parte si oppone all’offerta di aiuto vissuta come intrusione da parte di chiunque si offra di risolvere il problema (ad esempio aiutando a riordinare). L’accettare aiuto equivale ad una perdita di controllo determinando forti sentimenti di ansia e vulnerabilità.
  • Il Trauma implica una perdita del senso di padronanza e capacità personale. Gli accumulatori cercano spesso di recuperare senza successo il dominio della situazione, ma sono cronicamente sopraffatti dalla complessità del compito. Spesso non riescono più a gestire le attività quotidiane, rimandando o avviluppandosi in attività e compiti irrilevanti nel quadro generale della grave situazione in cui la loro vita è precipitata. Meno riescono a risolvere la situazione e meno si sentono in grado di farlo.
  • Il Trauma comporta spesso vergogna e senso di colpa. Gli  accumulatori pur non riuscendo a superare il comportamento disposofobico provano vergogna e sono imbarazzati dagli ambienti nei quali vivono. Diventano vittime di una soluzione che si rivela disfunzionale.
  • Il Trauma comporta un senso di solitudine esistenziale e di totale mancanza di supporto. Molti accumulatori scelgono l’isolamento sociale. Allontanano amici e familiari per mezzo delle condotte di accumulo rimanendo soli con l’illusione di protezione da parte dei loro beni.

Si tratta di una prospettiva tracciata ancora in modo impressionistico che mette in relazione Trauma ed Accumulo ma che già recepisce una serie di studi ed evidenze cliniche. E’ prematuro poterne trarre delle conclusioni trasferibili direttamente alla pratica clinica ed ai protocolli di trattamento ma è una prospettiva che avrà sicuramente interessanti sviluppi nei prossimi anni anche in relazione al consolidarsi di alcuni temi legati al trattamento del trauma.

Articolo Originale: “La prospettiva traumatica nell’eziopatogenesi dell’Hoarding Disorder” su Psicoterapie.pro

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